A Caia, all’interno dell’associazione Mbatikoyane che lavora con il CAM nell’ambito della salute sono presenti due gruppi teatrali comunitari che portano in scena tematiche di promozione al benessere e salute. Un gruppo è attivo da molti anni ed affronta vari temi tra cui malaria, salute e relazione con l’ospedale e prevenzione, un secondo gruppo, nato più recentemente, lavora nello specifico solo su HIV/AIDS. Oggi parleremo di quest’ultimo insieme a Dona Francisca, rappresentante e responsabile delle attività.
Il gruppo è composto da otto attori, sei donne e due uomini; la missione è andare nelle comunità e sensibilizzare, attraverso un teatro comunitario e popolare, su HIV/AIDS. Gli attori sono sieropositivi, e parlando anche della loro personale esperienza si pongono loro stessi come modelli di salute e autodeterminazione ai quali ispirarsi. “Le prime volte è stato un po’ difficile” dice Dona Francisca. Non sapeva che reazioni aspettarsi, era imbarazzata. Adesso non ha problemi, anzi, dice che è una soddisfazione mostrarsi al pubblico: “Ora non ho vergogna. Poi vedi come sto bene, sono in salute!”. Lei è stata fortunata, appena saputa la diagnosi ha parlato con il marito, il quale ha risposto: “Non c’è problema, prendi il trattamento e andrà tutto bene”, e fino ad oggi sia lui che i figli sono negativi al test.
Spesso però nelle comunità le situazioni che si creano sono problematiche, e le pièce portano in scena queste realtà: il segreto che si cerca di mantenere circa la propria condizione, il clima di tensione e la propensione a identificare capri espiatori all’interno della comunità, la difficoltà ad affidarsi a cure ospedaliere. Il gruppo arriva nelle comunità e con musica e balli si attirano le persone a radunarsi in cerchio, racconta dona Francisca. Quando c’è abbastanza pubblico, si inizia: le battute sono veloci e con un taglio comico, le persone che assistono ridono di gusto. Ma non è solo divertimento, gli spettatori si accorgono dell’assurdità di certi comportamenti: non voler parlare della malattia alla propria famiglia; spettegolare nelle comunità circa chi può essere sieropositivo; comprare la terapia sottobanco, a un prezzo maggiore e non potendo essere certi se quelle pillole sono veramente per il trattamento retrovirale. Il messaggio, trasmesso con questo tono è diretto, più facile da ascoltare e da ricordare. Dopo ogni rappresentazione, gli attori ricevono molti apprezzamenti, dice Dona Francisca con un grande sorriso: la comunità è entusiasta di quello che vede, ringrazia perché si parli pubblicamente di tematiche verso le quali c’è un tabù molto forte e chiede di tornare. Da parte nostra possiamo solo unirci ai ringraziamenti e augurare una buona continuazione per il gruppo: bom trabalho!
Lucia Romani – volontaria in Servizio Civile a Caia