Un mese di Mozambico – Le prime impressioni di Alice e Stella
Ad un mese dalla partenza di Alice e Stella, due studentesse dell’Università di Trento e partecipanti dell’Honours Programme TALETE che stanno svolgendo una ricerca tesi in contesti a basso reddito, abbiamo chiesto loro di raccontarci le loro prime impressioni ed emozioni. In questo momento si trovano a Beira, in Mozambico, ospitate dal CAM, il quale ha fornito loro alloggio, ma anche tutto il supporto per svolgere i loro lavori di ricerca e tutta l’accoglienza per farle sentire le benvenute. Le loro strade si sono incrociate a Trento, ma vengono da percorsi diversi. Per questo abbiamo chiesto di raccontarci la loro storia e i loro obiettivi. ci hanno raccontato un po’ di loro.
Mi chiamo Alice e sono una studentessa di Ingegneria Edile-Architettura presso l’Università di Trento. Ho iniziato questo percorso di studi sperando di poter applicare le conoscenze acquisite anche in contesti molto lontani da quelli in cui sono abituata a vivere, e ora posso finalmente mettermi alla prova. La mia tesi mira a formulare un masterplan (un progetto di quartiere) per il quartiere di Macuti, insediamento che si è sviluppato spontaneamente, senza essere pianificato. Quest’area di città è molto vulnerabile ad eventi climatici estremi ed in generale è esclusa da servizi essenziali come la rete elettrica o l’acqua potabile.
Se dovessi elencare quello che manca o i problemi presenti mi dilungherei, ma il vero punto di partenza è quello che già esiste e lo stiamo conoscendo giorno dopo giorno grazie all’aiuto di molte persone che ci guidano attraverso la loro realtà. Tra di loro c’è il rappresentante del quartiere che ci ha accolte calorosamente e un’associazione di giovani volenterosi, l’AJOMAC, che ha creato un polo culturale e che si occupa di organizzare la manutenzione spontanea dei canali di drenaggio.
Questa accoglienza ci ha fatto capire l’importanza che la popolazione attribuisce anche a piccoli studi come i nostri, ma ancor di più la necessità di organizzazioni come il Consorzio Associazioni con il Mozambico, che agiscono concretamente sul territorio.
Sono Stella, iscritta alla Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento, anche se di cuore mi sento più sociologa che internazionalista. Nel contesto della ricerca tesi, mi occupo di marginalità urbana e inclusione sociale. Sono solo poche settimane che mi trovo qui a Beira e ammetto che non è facile confrontarmi con abitudini e culture diverse, ma sta nascendo una cosa grande!
Lo scopo della mia ricerca è quello di studiare quali elementi socio/territoriali perpetuano la condizione di vulnerabilità dei catadores, raccoglitori spontanei di rifiuti solidi urbani, per provare a proporre una piccola soluzione progettuale, focalizzata sulla parte informale del quartiere di Macuti. Sarà una grossa sfida interfacciarmi con persone così diverse, per cultura e stile di vita, e sono contenta di poterlo fare supportata dal CAM e in collaborazione con Unizambeze. E’ infatti emersa una forte volontà di ripristinare e soprattutto rinvigorire il partenariato Unizambeze- CAM, e questo processo in cui mi trovo potrebbe essere un primo (informale) passo verso una collaborazione più attiva.
Ora, perché sono qui? Me lo sono chiesta tante volte ma forse mai abbastanza per rispondere a tutte. Sono cresciuta sognando l’Africa ed è sempre stata la mia aspirazione più grande, nonché oggetto di corsi ed Erasmus (a Parigi, ad esempio, ho frequentato un master focalizzato sugli Studi Africani), e ho partecipato a TALETE proprio con questo desiderio. Molto spesso trovo dei motivi bizzarri per giustificare tutta questa voglia di Africa quando mi interfaccio con la povertà più estrema, con il degrado a cielo aperto che contorna ogni strada di Beira, con il caldo asfissiante e la paura delle zanzare. Altre volte vengo travolta dalla bellezza dei colori, dalla purezza della cultura locale, dai sorrisi e dalla sensazione di sentirmi integrata fin dal primo giorno, senza dovermi per forza convincere a parole.
Con queste testimonianze vogliamo augurare nuovamente ad Alice e Stella una buona permanenza ed esperienza sperando che questo percorso insieme a noi sia fruttuoso!
Vemos!
Seguite le storie e le immagini di Alice e Stella sul fortunato profilo Instagram tesiste.per.caso, lanciato da Ada e Valentina e cui contribuisce ora anche Susanna, altra studentessa in questo momento impegnata a Beira!
Vedi anche:
30 anni di pace in Mozambico – ricordi e riflessioni 2
Ieri, 4 ottobre, ricorreva il trentesimo anniversario degli accordi di pace in Mozambico, firmati a Roma il 4 ottobre 1992. Ricordiamo l’anniversario con due testimonianze personali Giovanna Luisa e Gianpaolo Rama, due tra i fondatori del CAM, che hanno vissuto da vicino la svolta storica, in Mozambico.
Nell’ottobre 1992 vivevamo e lavoravo a Maputo. Ricordo la pena e l’ansia con la quale la popolazione agognava il raggiungimento di un accordo, dopo 16 anni di dilaniante conflitto, di stragi violente, di sanguinosa guerra fratricida, sostenuta e alimentata da forze straniere. Si seguivano le notizie che provenivano dalla Comunità di S. Egidio a Roma con apprensione e speranza. Nella guerra civile era capitato che il padre si trovasse casualmente da una parte dei contendenti e il figlio o il fratello dall’altra. Molte famiglie avevano perso dei loro congiunti, o non ne avevano più notizie da anni. Gli ultimi anni erano stati di grave siccità, i campi erano aridi o abbandonati per l’insicurezza, tutti gli animali selvaggi annientati, la fame e perfino la sete imperversava. Anche i soldati della Renamo, che perlopiù vivevano saccheggiando villaggi, non avevano più nulla da rubare. Ricordo di aver visto per la prima volta nella mia vita donne e bambini morire di fame e sete.
Nelle settimane antecedenti la firma giungevano dall’Italia vari comunicati contrastanti o meglio, altalenanti tra accordo fatto e accordo non ancora raggiunto, mentre in Mozambico focolai di conflitto armato proseguivano qui e là dimostrando una trattativa e una contesa ancora aperta.
Tale era il desiderio della pace, che allorché la televisione ha mostrato il presidente Joaquim Chissano e il capo della Renamo Alfonso Dlakama firmare, la popolazione ha esultato di autentica felicità e invaso le piazze. Era tale la speranza in un futuro migliore che improvvisamente perfino l’idea di nemico era andata sfumando e, pur senza una profonda azione di verità e giustizia, la popolazione riconciliata, anche nelle regioni dove la Renamo aveva le sue basi, reclutava i suoi soldati, e aveva acquisito un certo consenso.
Solo i combattenti, non ancora disarmati, avevano pretese e ambizioni che facevano intendere che il processo di pacificazione non sarebbe finito con la firma, ma avrebbe richiesto più tempo, prospettando nuovi scontri. Questi si sono effettivamente in seguito avuti ma fortunatamente in zone limitate e di breve durata.
Molte delle speranze, nate nel 1992 e poi nel 1994 con le prime Elezioni democratiche, di convivenza e prosperità per il popolo sono state deluse. Oggi il Mozambico ha un’economia di mercato, e, pur ricco di enormi risorse naturali – delle quali pochi si avvantaggiano- , vede un contrasto impressionante tra ricchi e poveri – la maggior parte della popolazione-, una corruzione dilagante, una guerra al nord del Paese, ove vi sono giacimenti di gas naturale, minerali e pietre preziose.
Lo stato fatica a sostenere le opere pubbliche necessarie, la sanità, la scuola, entrambe con seri problemi di qualità dei servizi offerti, solo in parte attenuati dallo sforzo della cooperazione internazionale”
Tale era il desiderio della pace, che allorché la televisione ha mostrato il presidente Joaquim Chissano e il capo della Renamo Alfonso Dlakama firmare, la popolazione ha esultato di autentica felicità e invaso le piazze.
Era tale la speranza in un futuro migliore che improvvisamente perfino l’idea di nemico era andata sfumando e, pur senza una profonda azione di verità e giustizia, la popolazione riconciliata.
La storia dell’accordo di pace – qui riassunta nell’apposita pagina di Wikipedia – è raccontata estesamente, con interviste e testimonianze, nel documentario Mozambique Paths of Peace, del 2012, potete contattarci se desiderate una copia del DVD.
30 anni di pace in Mozambico – ricordi e riflessioni 1
Oggi, 4 ottobre, ricorre il trentesimo anniversario degli accordi di pace in Mozambico, firmati a Roma il 4 ottobre 1992. Ricordiamo l’anniversario con due testimonianze personali Giovanna Luisa e Gianpaolo Rama, due tra i fondatori del CAM, che hanno vissuto da vicino la svolta storica, in Mozambico.
“Quando due elefanti lottano è l’erba che soffre”
(Proverbio africano)
1982: era la prima volta che ci trovavamo così lontani da casa, ospiti di un Paese da poco uscito da un conflitto che l’aveva portato, stremato, all’indipendenza dal colonialismo portoghese (1975). La ricostruzione veniva assunta dai vincitori, i mozambicani del partito del Frelimo, di ispirazione marxista, osteggiati ben presto dai mozambicani dalla Renamo, l’esercito filo occidentale di resistenza. Armati da potenze straniere, che aspiravano ad aumentare le reciproche zone di influenza, o almeno a mantenere quelle che già si erano conquistate, i due schieramenti combatterono una guerra fratricida che durò oltre 16 anni e si sarebbe conclusa il 4 ottobre 1992, con un Accordo di Pace siglato a Roma, presso la sede della Comunità di S. Egidio.
Restammo in Mozambico oltre due anni, accompagnando il declino a cui la guerra sottomise uomini, donne e bambini, lentamente privati di ogni diritto, pur essendosi liberati della schiavitù degli antichi coloni.
Il Cuamm, (Medici con l’Africa) aveva destinato Paolo al lavoro ospedaliero nel distretto che gravitava intorno a Luabo, in Zambezia. Terra di fiorente coltivazione della canna da zucchero in epoca coloniale, a quel tempo si avviava inesorabilmente alla decadenza.
Al nostro arrivo, nel 1982, nei negozi della cittadina, gestiti da mercanti indiani, erano ancora disponibili derrate alimentari, stoffe, oggetti di uso comune, distribuiti alla gente che accorreva grazie ad un passa parola e si accodava in lunghe file in attesa del proprio turno. Vi trovavano pesce, latte, legumi, zucchero, anche pane qualche volta. Poi sempre meno. All’asilo dove lavoravo i bambini venivano soprattutto perché avevano un pasto garantito, ma nei due anni della mia permanenza ho visto dapprima servire riso e fagioli o verdure, carne o pesce, una volta alla settimana almeno, poi tè con i biscotti, ed infine soltanto più tè.
A fine guerra, occorre ricostruire non solo l’ambiente devastato, non solo i servizi essenziali, occorre ricostruire se stessi, ritrovare qualcosa in cui credere, qualcuno con cui camminare
Nel 1984, lo spettro della fame si aggirava tra le case della popolazione. La città più vicina, dove trovare rifornimenti, era ad almeno 6 ore di auto, ma con il passare del tempo, non per colpa delle piogge, la strada divenne impraticabile. La strategia adottata dalla Renamo era quella di isolare i luoghi abitati. Lungo le strade di collegamento c’erano continui attacchi. Non si poterono più evacuare nemmeno i malati. L’unico aereo di collegamento serviva i mercanti e le loro merci. Trovare posto per un malato richiedeva instancabili negoziazioni, a volte discussioni accese.
Nel 1984 eravamo tornati a casa, in Italia, da due mesi, quando venimmo a sapere che la cittadina era stata invasa dalle truppe antigovernative. Un anno dopo le stesse truppe l’avevano messa a ferro e fuoco, distruggendola e rapendo chi non era riuscito a fuggire. Rapirono anche gli amici frati, cappuccini di Bari, missionari che tante volte ci avevano fatto sentire la differenza tra stare “per” e stare “con” la gente, in mezzo alla quale eravamo tutti andati a vivere.
Tornammo in Mozambico dieci anni dopo, nel 1992. Ci fermammo a Maputo. La nostra famiglia era cresciuta: eravamo in cinque e la guerra stava per finire. Restammo altri 6 anni. Non occorsero tutti per capire che le guerre finite, in realtà vedono finire i conflitti sulla carta, ma non nella realtà: a fine guerra, per molti anni ancora, chiunque può saltare su una mina inesplosa, esseri umani ed animali, che a volte sono l’unica ricchezza di una famiglia. A fine guerra, occorre ricostruire non solo l’ambiente devastato, non solo i servizi essenziali, occorre ricostruire se stessi, ritrovare qualcosa in cui credere, qualcuno con cui camminare.
Il Mozambico ha trovato tutto ciò? Non lo so: Indubbiamente una lunga pace ha permesso la ricostruzione dell’ambiente, una offerta più diffusa di servizi, una maggiore disponibilità di beni. Ma non ovunque, né per la maggioranza. La corruzione interna, alimentata dagli appetiti delle potenze occidentali, che guardano alle enormi ricchezze del Mozambico (gas naturale, oro, rubini, crostacei, terra, legno carbone,…), crea oggi malcontento e instabilità politica notevoli. Le carenze si vivono in ogni ambito sociale, soprattutto al nord del paese, dove prevalgono povertà ed insicurezza e dove l’assenza dello Stato a fianco della popolazione, permette il sorgere di conflitti da parte di gruppi non sempre identificati, violenti ed armati che minacciano la pace, faticosamente raggiunta, ma forse poco adeguatamente difesa e coltivata.
Giovanna Luisa – 4 ottobre 2022
La storia dell’accordo di pace – qui riassunta nell’apposita pagina di Wikipedia – è raccontata estesamente, con interviste e testimonianze, nel documentario Mozambique Paths of Peace, del 2012, potete contattarci se desiderate una copia del DVD.
Squilibri Energetici – Castello di Pergine
Sabato 8 ottobre 2022 al Castello di Pergine si terrà la quarta edizione dell’appuntamento di riflessione sulla contemporaneità, i diritti, le relazioni internazionali promosso da Banca Etica in collaborazione con alcune organizzazioni di solidarietà internazionale, tra cui Medici con l’Africa CUAMM, il CAM, Mediterranea Saving Humans ed Emergency.
Il CAM sarà presente con uno stand per raccontare le proprie attività e raccogliere offerte attraverso le capulane e le bellissime piantine di aloe delle volontarie di A Scuola di Solidarietà (vedi presentazione iniziativa qui).
All’incontro saranno presenti anche:
- Raffaele Crocco, giornalista e direttore dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo, e direttore di Unimondo.
- Franco Nicolis, direttore dell’ufficio beni archeologici della Provincia Autonoma di Trento. Ha diretto scavi e ricerche riguardanti in particolare la preistoria delle Alpi.
La partecipazione è gratuita.
Per informazioni e prenotazioni, contattare prenoto@fondazionecastelpergine.eu oppure git.trento@bancaetica.org